È questione di una lettera. Più precisamente, di una “R” che torna ad essere una “L”. È tutta qui la “rivoluzione” dell’Arma dei Carabinieri, che dal 5 giugno scorso è tornata all’antica, ispolverando la vecchia dicitura di “Legione”, per riferirsi al comando regionale di appartenenza.
Un salto nella storia, che affonda le sue origini nell’antica suddivisione geografica delle competenze, soppiantata 17 anni fa dalla riforma di brigate e legioni e l’istituzione dei Comandi Regione. A livello operativo la nuova denominazione non comporterà nulla dinuovo: non ci saranno trasferimenti, né cambiamenti di sorta dentro e fuori dalle caserme. Sul piano burocratico, invece, da settimane le oltre 4600 stazioni disseminate in Italia sono alle prese con le prenotazioni di nuovi timbri, targhe, carte intestate e bigliettini da visita. Tonnellate di carta destinate al macero, quintali di piombo che forse verranno fusi, ore di lavoro perse a staccare e riattaccare le insegne fuori dai comandi. Per una spesa che qualcuno ha quantificato tra i 5 e i 7 milioni di euro. La riflessione sull’utilità diquesta scelta s’impone nella nostra provincia più che altrove, visto che la Bergamasca è una delle aree in cui è più basso il rapporto tra agenti di pubblica sicurezza impiegati sul territorio e residenti (15 ogni 10 mila abitanti). «Il Governo ha tagliato gli stanziamenti per polizia e carabinieri e questo già si riflette in un indebolimento della presenza sul territorio – ha dichiarato Antonio Misiani (Pd)–. Forse questi soldi si potevano risparmiare e utilizzare in modo diverso, tenendo conto del fatto che ci sono zone come la provincia di Bergamo sotto dotate come presenza delle forze dell’ordine. Non penso – ha concluso Misiani – che i nostri concittadini apprezzeranno questa scelta ». Una riforma riticata nel merito e nel metodo, che riesce a trovare d’accordo maggioranza e opposizione: «Credo che i soldi a disposizione debbano essere spesi nel modo più utile possibile e non per cambiare le targhe – ha detto Giacomo Stucchi (Lega Nord) –. Tutto questo non gioca a favore di una politica di spesa pubblica logica e oculata. Ci si poteva limitare a dire: questa è la nuova denominazione e man mano che insegne e carte intestate finiscono o si usurano, vengono cambiate. Magari è una scelta giusta, ma doveva essere gestita meglio».
Un salto nella storia, che affonda le sue origini nell’antica suddivisione geografica delle competenze, soppiantata 17 anni fa dalla riforma di brigate e legioni e l’istituzione dei Comandi Regione. A livello operativo la nuova denominazione non comporterà nulla dinuovo: non ci saranno trasferimenti, né cambiamenti di sorta dentro e fuori dalle caserme. Sul piano burocratico, invece, da settimane le oltre 4600 stazioni disseminate in Italia sono alle prese con le prenotazioni di nuovi timbri, targhe, carte intestate e bigliettini da visita. Tonnellate di carta destinate al macero, quintali di piombo che forse verranno fusi, ore di lavoro perse a staccare e riattaccare le insegne fuori dai comandi. Per una spesa che qualcuno ha quantificato tra i 5 e i 7 milioni di euro. La riflessione sull’utilità diquesta scelta s’impone nella nostra provincia più che altrove, visto che la Bergamasca è una delle aree in cui è più basso il rapporto tra agenti di pubblica sicurezza impiegati sul territorio e residenti (15 ogni 10 mila abitanti). «Il Governo ha tagliato gli stanziamenti per polizia e carabinieri e questo già si riflette in un indebolimento della presenza sul territorio – ha dichiarato Antonio Misiani (Pd)–. Forse questi soldi si potevano risparmiare e utilizzare in modo diverso, tenendo conto del fatto che ci sono zone come la provincia di Bergamo sotto dotate come presenza delle forze dell’ordine. Non penso – ha concluso Misiani – che i nostri concittadini apprezzeranno questa scelta ». Una riforma riticata nel merito e nel metodo, che riesce a trovare d’accordo maggioranza e opposizione: «Credo che i soldi a disposizione debbano essere spesi nel modo più utile possibile e non per cambiare le targhe – ha detto Giacomo Stucchi (Lega Nord) –. Tutto questo non gioca a favore di una politica di spesa pubblica logica e oculata. Ci si poteva limitare a dire: questa è la nuova denominazione e man mano che insegne e carte intestate finiscono o si usurano, vengono cambiate. Magari è una scelta giusta, ma doveva essere gestita meglio».
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