domenica 28 febbraio 2010

ECO DI BERGAMO - 28/02/10 - PUBBLICO E PRIVATO A BRACCETTO PER REALIZZARE IL TRENO PER ORIO

Pubblico e privato insieme per non perdere il treno. Quel treno per Orio, croce e delizia della Bergamasca in prospettiva Expo 2015. Ma anche, e soprattutto, oltre. Entro metà marzo sarà costituito un Comitato promotore per realizzare l'opera: la decisione è stata presa ieri in un incontro decisamente molto partecipato nella sede della Fondazione della Comunità bergamasca. C'erano Ettore Pirovano e Franco Tentorio, rispettivamente presidente della Provincia e sindaco del capoluogo, l'assessore provinciale Silvia Lanzani e il vicesindaco Gianfranco Ceci, i parlamentari Giacomo Stucchi e Nunziante Consiglio (che ricopre anche l'incarico di presidente della Teb, la società del tram delle Valli), il sottosegretario regionale Marcello Raimondi, il presidente di Sacbo (società che gestisce lo scalo di Orio al Serio) Mario Ratti e il consigliere delegato Renato Ravasio, i rappresentanti di Sea, degli istituti di credito e del mondo imprenditoriale, come Antonio Percassi, Renzo Rota Nodari, i vertici della Ipa Precast e Valtellina, il presidente Ascom (e dall'11 marzo anche della Camera di Commercio) Paolo Malvestiti e quello della Fondazione Comunità Bergamasca, Charlie Vimercati. Tutti disponibili ad essere della partita, e non come semplici spettatori o tifosi. Il 15 marzo l'impegno verrà messo nero su bianco: il passo successivo sarà l'individuazione dell'advisor che dovrà preparare lo studio preliminare di fattibilità economica dell'opera, chiarendo così una volta per tutte l'orizzonte entro il quale muoversi. Non tanto dal punto di vista tecnico quanto monetario, stabilendo costi e piani d'ammortamento del collegamento ferroviario tra Bergamo e l'aeroporto: mettere nero su bianco un'ipotesi di project financing, in pratica. Dall'elenco mancano non casualmente le Ferrovie, che di soldi da investire sull'opera non ne hanno proprio considerando che i fondi sono tutto concentrati sulla tratta Rho-Gallarate in funzione del collegamento con il sito dell'Expo 2015. L'amministratore delegato Mauro Moretti si è comunque detto disponibile a fornire assistenza tecnica e logistica (in sintesi a non mettersi per traverso...) per l'opera, rilevando altresì come la concessione relativa non sia di competenza statale, bensì regionale. Il che potenzialmente semplifica le cose, fermo restando che l'ostacolo principale è (e rimane) quello di natura economica. Perché per un doppio binario che si stacchi dalla Bergamo-Brescia per raggiungere l'aeroporto (con possibilità di prolungare poi il tutto in direzione Romano di Lombardia, in una prospettiva che va ben al di là del comunque utile orizzonte temporale dell'Expo) si parla di 150-160 milioni di euro. Una cifretta mica da ridere, insomma. Ma qui il ruolo del Pirellone potrebbe essere importante anche sul versante della compartecipazione economica all'operazione. Il Comitato promotore sarà di fatto l'embrione per una newco (una società di scopo) che parteciperà successivamente alla gara per la realizzazione e la concessione del treno per l'aeroporto. Gli enti pubblici (Provincia e Comune) non entreranno in forma diretta, ma tramite società partecipate come Teb (Tram delle Valli) e la stessa Sacbo: una scelta motivata dalla necessità di garantire al Comitato una certa agilità di manovra, sottraendolo dalle rigidità del pubblico. Chiaro che l'obiettivo è non di tipo decoubertiniano, perché qui non si tratta solo di partecipare ma soprattutto di vincere, garantendo così evidenti ricadute per il territorio. Per questo motivo si è scelto di mettere intorno allo stesso tavolo partner pubblici e privati, dando così una marcata valenza territoriale all'intera operazione. Tra un paio di settimane scopi e modalità d'azione del Comitato dovrebbero essere definite nel dettaglio: tra le ipotesi sul tavolo anche quella che lo studio di fattibilità rientri nel più ampio approfondimento sulla mobilità del sistema aeroportuale di Orio al Serio, finanziato dalla Commissione europea fino al 50 per cento dell'importo con un tetto massimo di 800 mila euro. Potrebbe essere cioè Sacbo stessa ad affidarlo ad un advisor mettendolo poi a disposizione del Comitato promotore. Ma i tempi sono molto ristretti e quindi si potrebbe anche optare per una soluzione svincolata dalla studio generale sull'aeroporto, pur in un'ottica di necessario coordinamento. Un ruolo decisivo potrebbero giocarlo gli istituti di credito: alla riunione di ieri c'erano i rappresentanti del Credito Bergamasco (impossibilitati a partecipare, ma interessati quelli di Ubi Banca) e di Intesa San Paolo. E nel mazzo di quest'ultima c'è una realtà che si chiama Biis, Banca infrastrutture, innovazione e sviluppo, specializzata nel settore.

venerdì 26 febbraio 2010

ECO DI BERGAMO - 26/02/10 - LE POSTE DI ZOGNO E SAN PELLEGRINO APERTE IL POMERIGGIO

Gli uffici postali di Zogno e San Pellegrino, da lunedì, torneranno a essere aperti anche di pomeriggio, quindi dalle 8,30 alle 19 dal lunedì al venerdì (dalle 8,30 alle 12,30 il sabato). Battaglia vinta, così, per i sindaci di Zogno, Giuliano Ghisalberti, e di San Pellegrino, Gianluigi Scanzi. L'azienda Poste italiane ha accantonato definitivamente la proposta avanzata verso la fine dello scorso anno, di chiudere le due filiali negli orari pomeridiani, con un conseguente ridimensionamento dei servizi. «Sarebbe stato un disagio intollerabile non solo per Zogno ma anche per i paesi che gravitano attorno al capoluogo e non dispongono dell'ufficio postale – commenta il sindaco di Zogno Giuliano Ghisalberti –. Sono soddisfatto della decisione adottata anche perché le potenzialità che esprime Zogno non giustificavano la riduzione di un servizio così importante. Il confronto con le Poste è stato proficuo e costruttivo. Ho sottolineato che Zogno conta numerose frazioni popolose tutte prive del servizio postale, che in caso di ridimensionamento del servizio paventato gli scorsi mesi, sarebbero state ulteriormente penalizzate. A Zogno poi si trovano numerosi servizi pubblici e privati, attività produttive e commerciali che giustificano un auspicato potenziamento del servizio rispetto a una sua riduzione». Soddisfazione esprime anche il sindaco di San Pellegrino Gianluigi Scanzi: «Sono stato contattato dalle Poste che mi ha comunicato la riapertura pomeridiana della filiale. In un ottica di rilancio del paese non potevamo pensare al ridimensionamento dell'ufficio postale. Sarebbe stato un disservizio pesante per i cittadini».Anche dalla dirigenza di Poste Italiane si esprime soddisfazione per gli accordi raggiunti con le amministrazioni comunali. «Abbiamo siglato intese che permettono di sviluppare una serie di iniziative destinate a offrire nuovi servizi ai cittadini della Valle Brembana, in particolare Zogno e San Pellegrino – spiega Maria Letizia Fumagalli direttrice della filiale Bergamo 2 di Poste Italiane –. Metteremo a disposizione dei due enti pubblici le nostre competenze specialistiche mirate a semplificare la relazione tra il Comune e i cittadini. La riapertura pomeridiana è motivata dalle esigenze rappresentate dalle amministrazioni locali ma anche grazie alle ulteriori analisi dei flussi della clientela e dei volumi di attività degli uffici». La vicenda ha inizio lo scorso luglio quando Poste Italiane comunica l'intenzione di chiudere gli uffici negli orari pomeridiani sostenendo che l'apertura di questi sportelli nel turno pomeridiano non ha un afflusso di clientela sufficiente a sostenerne i costi di gestione. Da qui la protesta dei sindaci: «Abbiamo portato le trattative con l'azienda pure sul tavolo regionale e nazionale – aggiunge il sindaco di Zogno Ghisalberti –. Un grazie va rivolto al consigliere regionale Giosuè Frosio e al deputato Giacomo Stucchi: facendo squadra abbiamo ottenuto un ottimo risultato per la Valle Brembana». La chiusura pomeridiana delle due filiali si protraeva a Zogno dal mese di agosto, mentre a San Pellegrino dalle festività natalizie.

venerdì 19 febbraio 2010

BERGAMOSERA - 19/02/10 - PARLAMENTARE TROVATO POSITIVO AL TEST COCAINA. CINQUE BERGAMASCHI NEGATIVI

ROMA — Un parlamentare, la cui identità non è stata rivelata, è risultato positivo alla cocaina al test antidroga promosso da Carlo Giovanardi. Lo ha reso noto il sottosegretario che ha fornito i dati sui test eseguiti. La positività alla cocaina è emersa dall’esame del capello con due campioni ripetuti in due diversi laboratori. Al test si sono sottoposti volontariamente 232 parlamentari, 231 le negatività rilevate, una la positività alla cocaina. Il sito della presidenza del Consiglio, dipartimento Politiche antidroga, ha riportato l’elenco di tutti i parlamentari che si sono sottoposti al test e hanno concesso l’autorizzazione alla divulgazione dei loro dati. Per quanto riguarda i parlamentari bergamaschi, hanno effettuato il test e dato il consenso alla pubblicazione dei dati: Giacomo Stucchi, Ettore Pirovano, Nunziante Consiglio della Lega, Giorgio Jannone del Pdl, e Ivan Rota dell’Idv. Tutti sono risultati negativi al test della cocaina. Glii altri parlamentari bergamaschi – ovvero Giovanni Sanga, Antonio Misiani e Mauro Ceruti del Pd, Carolina Lussana, Pierguido Vanalli, Castelli e Calderoli della Lega, Piffari e Cimadoro dell’Italia dei valori, Pezzotta dell’Udc, Tremaglia, Carrara, Fontana e Alessandra Gallone del Pdl – non hanno effettuato il test oppure non hanno concesso l’autorizzazione alla diffusione dei loro dati.

ECO DI BERGAMO - 19/02/10 - CACCIA AL PARLAMENTARE POSITIVO AL TEST SULLA COCAINA

ROMALa privacy lo tutela ma la caccia al parlamentare risultato positivo al test antidroga è partita. Per ora il suo nome è sconosciuto. Ma tanto basta per aver già creato un certo clamore nei palazzi della politica, e non solo.Deputato o senatore, uomo o donna, il positivo alla cocaina è uno dei 232 parlamentari – tutti gli altri sono risultati negativi – che si sono sottoposti volontariamente e anonimamente alle analisi su invito del sottosegretario Carlo Giovanardi, responsabile del Dipartimento nazionale antidroga. Il suo essere unico, se sul piano numerico è quasi insignificante, alimenta invece la curiosità sull'identità del consumatore di cocaina che siede al Parlamento.«Non so chi sia – dice Giovanardi –, non ne ho la più pallida idea. Il risultato del test è segreto». E soprattutto sarà «impossibile» conoscere il nome del parlamentare in questione perché, spiega il sottosegretario, «i test sono identificati con un codice conosciuto solo dalla persona che si è sottoposta al test, e il risultato può essere ritirato esclusivamente con una scheda in possesso dall'interessato».Perché una persona che sa di aver assunto droga si sottopone poi a un test? «Non ho un'opinione su questo», risponde Giovanardi. La positività alla cocaina del parlamentare è emersa dall'esame del capello, effettuato con due campioni ripetuti in due diversi laboratori. Secondo indiscrezioni, il campione di urine sarebbe invece risultato negativo. E questo potrebbe voler dire che l'assunzione non è avvenuta in tempi recentissimi, spiegando così il motivo per cui l'anonimo parlamentare abbia deciso di sottoporsi al test.Dei 232 parlamentari, più o meno un terzo del totale, 147, hanno dato il proprio consenso a rendere noti i risultati e il proprio nome mentre 29 non l'hanno concesso; 176 hanno ritirato il referto, mentre 56 no. Gli accertamenti sono stati effettuati in laboratori di alto livello sui reperti prelevati, urina e capelli, svolti dal 9 al 13 novembre 2009. È stata un'adesione bipartisan quella al test antidroga. Fra i nomi compaiono Paola Binetti, Pier Ferdinando Casini, Sandro Bondi, Cesare Damiano, Maurizio Gasparri, Enrico La Loggia, Ermete Realacci, Renato Schifani, Roberto Speciale, Lucio Stanca, Vincenzo Vita. E naturalmente, il promotore dell'iniziativa, Carlo Giovanardi. Anche Antonio Di Pietro si è sottoposto al test, ma il suo nome non compare nell'elenco fornito dal Dipartimento antidroga.«Nel caso ci siano stati disguidi burocratici – spiega un comunicato dell'Italia dei valori –, Di Pietro chiederà oggi stesso, nuovamente, di rendere noti i risultati». Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, pur non comparendo nell'elenco, fa sapere di essere risultata negativa alle analisi e di non aver mai negato il consenso al test.Giovanardi è soddisfatto dei risultati. Prova – sottolinea – che «il Parlamento non è un covo di drogati come alcuni avevano voluto dimostrare». Smentendo così, in qualche modo, i risultati di un test improvvisato della trasmissione «Le iene» (che costò loro una condanna per violazione della privacy) dell'ottobre 2006, che senza il consenso degli interessati e ricorrendo allo stratagemma di tamponi di sudore rilevarono 16 positivi su 66 parlamentari. Il sottosegretario rilancia poi la sua proposta: l'obbligo per deputati e senatori di essere sottoposti al testa antidroga. «Io sarei favorevole a una legge in tal senso». Critiche al test da Francesco Nucara, segretario del Pri: «La geniale trovata di Giovanardi è servita soltanto a screditare ulteriormente la rispettabilità del Parlamento».Tra i parlamentari bergamaschi che hanno autorizzato la pubblicazione dell'esito del test (negativo per tutti) Consiglio Nunziante, Ettore Pirovano e Giacomo Stucchi della Lega, Giorgio Jannone del Popolo della libertà e Ivan Rota dell'Italia dei valori. Intanto, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che si era fatto promotore di un'iniziativa analoga alla quale hanno aderito 102 parlamentari, ha annunciato che la prossima settimana saranno resi noti i risultati; tuttavia ha fatto sapere che i test sono tutti negativi.

mercoledì 17 febbraio 2010

ECO DI BERGAMO - 17/02/10 - IN TV "BASTA CON I PROCESSI PER LE VIOLAZIONI MINORI"

«Siamo i primi a combattere il bracconaggio, ma è inutile intasare i tribunali e poi non punire nessuno. La cosa a cui un cacciatore sta più attento è la licenza di caccia, ed è su quella che dobbiamo agire, se vogliamo avere dei risultati». Da tempo il deputato bergamasco Gabriele Cimadoro (IdV), doppietta doc, ha presentato alla Camera una proposta di legge per la depenalizzazione dei cosiddetti reati minori in materia di caccia (e misure analoghe sono state proposte anche da altri parlamentari orobici, dal pidiellino Valerio Carrara al leghista Giacomo Stucchi).In sostanza, l'idea è di rinunciare alle sanzioni penali (arresto compreso) previste dalla legge 157 del '92 per chi cattura o abbatte animali non consentiti (salvo alcune specie particolarmente protette), o si mette la doppietta in spalla in periodi in cui è vietato.«Facciamo un esempio – dice Cimadoro –. Esistono diversi tipi di passeracei, ma solo alcuni sono cacciabili. Se uno sbaglia, può essere perseguito penalmente, con tanto di ritiro di licenze pubbliche o del passaporto. Credo invece che in casi come questi, una sanzione amministrativa, più salata di quelle in vigore, possa bastare».Per punire gli indisciplinati, la proposta infatti è di restare fuori dal tribunale e di ricorrere alle ammende pecunarie, aumentandole. Ove previsto, inoltre, si potrà procedere al ritiro temporaneo – o definitivo in caso di recidiva – della licenza di caccia.Citiamo un caso: per chi viene sorpreso mentre caccia nei giorni di silenzio venatorio (il martedì e il venerdì), la legge vigente prevede una sanzione penale, con arresto fino a tre mesi o una ammenda fino a 500 euro. La proposta che ha come primo firmatario Cimadoro (siglata anche da un altro bergamasco dell'IdV, Sergio Piffari) raddoppia l'esborso (mille euro) ma elimina l'aspetto penale.«L'obiettivo è agire più velocemente, ottenendo migliori risultati contro le infrazioni – argomenta Cimadoro –. Il penale ha tempi lunghissimi, e in questi anni non ho mai visto nessuno finire in carcere per questi reati. Per un'ammenda, invece, o per il ritiro della licenza, ci si può muovere più rapidamente, e con maggiore efficacia. Poi possiamo discutere sul dettaglio delle sanzioni».E da discutere, se il buongiorno si vede dal mattino, ci sarà parecchio. La proposta di Cimadoro è infatti stata tra gli argomenti del dibattito di lunedì a «Porta a porta», e proprio dal salotto di Bruno Vespa il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, ha accusato il deputato orobico (in studio con il suo cane da caccia, il bracco italiano Deserto) di voler «depenalizzare il bracconaggio e la caccia a cigni e fenicotteri». A passare dalla sanzione penale a quella amministrativa sarebbe infatti anche il prelievo di alcuni uccelli e mammiferi «particolarmente protetti», come gru, linci e cicogne. Dura presa di posizione anche da parte della Lega per l'abolizione della caccia, che in un comunicato protesta contro la proposta di «depenalizzare il reato di bracconaggio effettuato sparando da autoveicoli. Un senatore del Pdl, Valerio Carrara, e un deputato IdV, Gabriele Cimadoro hanno prodotto una singolare convergenza bipartisan – scrive l'associazione –. Entrambi chiedono di trasformare la pena prevista per chi, magari di notte e con l'uso di fari, prende a fucilate cervi o caprioli sparando da bordo della propria vettura su strada, con rischio per la pubblica incolumità».«Ma a nessun cacciatore verrebbe in mente di fare una cosa simile – replica Cimadoro –. Poi, lo ribadisco, il dettaglio delle proposte si può discutere. L'importante è che si comprenda l'obiettivo di fondo della proposta: eliminare lo squilibrio per cui oggi, per violazioni anche non molto gravi, si prevede la sanzione penale, e ridurre il bracconaggio rendendo più rapida ed efficace l'azione repressiva».Il dibattito su Raiuno ha preso in esame anche la controversa norma, recentemente approvata al Senato e ora in discussione alla Camera, che rende più flessibili i limiti della stagione di caccia agli uccelli, affidandone la definizione alle Regioni.«Visto che il tema della caccia è ora sul tappeto, spero che si possano prendere in esame anche le altre proposte di legge su questo argomento, come appunto quella sulla depenalizzazione, ferma dal 2008 – conclude il deputato –. È giusto occuparsi di attività venatoria: non mi convincono i sondaggi che parlano dell'80% di italiani contrari alla caccia. Questa è una tradizione che rimanda al mondo rurale, a una cultura che non va persa».Fausta Morandi

lunedì 15 febbraio 2010

ECO DI BERGAMO - 15/02/10 - "POCHI MARGINI DI MANOVRA"

La speranza è l'ultima a morire. Ma non si può far molto. A riconoscerlo pure i parlamentari, che di fronte alla levata di scudi dei Comuni sulla stretta economica si mostrano solidali ma, dal punto di vista istituzionale, confermano che i margini di manovra sono pochi. «Gli enti virtuosi non vanno però trattati allo stesso modo di quelli che sperperano. Su questo stiamo lavorando – mette in chiaro il leghista Giacomo Stucchi –. Nei decreti che dovrebbero arrivare a marzo, prima della conclusione dell'iter di approvazione di molti bilanci, potrà esserci una risposta proprio su questo punto». L'unico spiraglio è quindi un intervento non sulle regole del patto, ma sulle sanzioni per chi non ce la fa a reggerlo: «Abbiamo chiesto che per gli enti che hanno una storia virtuosa, dal punto di vista anche della qualità di gestione, abbiamo un occhio di riguardo legittimo. Dovrebbero essere rimodulate le sanzioni legate alle opere e alle assunzioni, perché anche il taglio del personale crea grossi problemi». E il federalismo? «Quella è la risposta, ma in prospettiva. So che le condizioni sono difficilissime. Il mio stesso Comune, Verdello, non è riuscito a rispettare il patto nel 2009 e ora sta pagando sanzioni pesantissime, dal blocco dei mutui al taglio delle indennità politiche. Fanno bene i sindaci a protestare». La situazione però è difficile a livello generale. «Lo Stato ha tantissime spese anche a causa della congiuntura economica: con l'incremento dei versamenti per la cassaintegrazione e per gli ammortizzatori legati alla crisi economica, non può non razionalizzare i conti pubblici».Anche Giorgio Jannone (Pdl) riconosce la gravità della situazione: «Il problema per i Comuni virtuosi c'è e non si può non vederlo. Certo, il Patto di stabilità con queste regole è stato introdotto nel 2007 e poi mantenuto in seguito perché ha finalità precise. Il principio è buono, poi, negli anni, si è visto che c'erano delle distorsioni. Come parlamentari – aggiunge – ci facciamo carico delle richieste che arrivano dai Comuni, il ministro per l'Economia Giulio Tremonti ha sicuramente presente la situazione». Però non si può fare molto: «La crisi economica pesa. L'Italia ha reagito in modo positivo, molto più rispetto ad altri Paesi». Ma serve la collaborazione di tutti, afferma, per garantire la stabilità del sistema. «Contiamo che l'economia possa ripartire nel secondo semestre di quest'anno. Le grandi opere sono un modo che lo Stato ha per aiutare l'economia». Ma le piccole? «Il patto le coinvolge, certo. Quello che va fatto ora è cercare di trovare l'equilibrio fra il principio giusto del controllo della spesa e il rispetto dell'operato di quegli enti che si sono rivelati virtuosi». Polemico è Antonio Misiani, deputato del Pd: «Il giochino dei leghisti di lotta e di governo sta diventando veramente insopportabile. Anche Ettore Pirovano, in veste di presidente della Provincia, ha fatto la voce grossa contro il patto interno di stabilità. Peccato che a Roma lo stesso Pirovano, in veste di parlamentare, si sia sempre allineato votando tutti i provvedimenti più centralisti del governo Pdl-Lega. Come l'esenzione di Roma dal patto di stabilità e i fondi straordinari per Catania, Roma e Palermo». Certo, la legge delega sul federalismo fiscale è stata approvata. «Ma la sua attuazione concreta – continua Misiani – è rimasta lettera morta». La Camera sta per esaminare il decreto sugli interventi urgenti concernenti enti locali e Regioni: «È il provvedimento giusto – conclude – per intervenire su tutti i problemi sollevati dai presidenti delle Province lombarde. Il Pd presenterà una serie di emendamenti per ridare fiato alla finanza degli enti locali. Se il governo aprirà spazi di modifica, ben vengano. Se però, come è probabile, le cose non cambieranno, Pirovano lo aspetteremo al varco. Ha l'occasione di battere finalmente un colpo: metta da parte la propaganda e voti contro, difendendo nei fatti e non solo con le chiacchiere il federalismo fiscale».

mercoledì 10 febbraio 2010

LA PROVINCIA DI VARESE - 10/02/2010 - COTA VERSO IL PIEMONTE. REGUZZONI AL SUO POSTO?

Marco Reguzzoni tra i leghisti in pole per l'eventuale dopo-Cota
VARESE Se Roberto Cota andrà a governare il Piemonte, bisognerà trovare un sostituto. Il candidato presidente leghista è infatti oggi capogruppo del Carroccio alla Camera, un ruolo al quale dovrà rinunciare, insieme a quello di deputato, in caso di vittoria. Un'eventualità tutt'altro che impossibile. Se il parlamentare piemontese dovesse quindi abbandonare Roma, si aprirebbe la lotta per la successione. Che poi nel Carroccio non si tratta di una vera e propria lotta, perché i pretendenti dovranno stare calmi e tranquilli in vista della decisione di Bossi. Ma i due uomini più accreditati sono già emersi: Marco Reguzzoni e Giacomo Stucchi. Tutti e due lombardi, ma provenienti dai lati opposti della regione. Se Reguzzoni proviene da quella che è la culla della Lega, ovvero la provincia di Varese, Stucchi è invece un bergamasco, un territorio dove il Carroccio domina senza concorrenti e raggiunge percentuali anche maggiori rispetto a Varese. Insomma, se da una parte la Lombardia, che già vanta tre ministri su quattro in quota Lega, aumenterà ulteriormente il proprio peso (del resto è una eventualità che vedrebbe il Piemonte avere un presidente leghista e quindi il Carroccio di quella regione non potrà lamentarsi), si profila una sfida tra i due principali forzieri di voti del movimento. Una certa rivalità tra i due territori c'è sempre stata, in particolare i bergamaschi hanno sempre rinfacciato ai vertici del partito una predominanza varesina nella scelta delle cariche. Del resto, difficile il contrario, visto che proprio la nostra provincia ha visto la nascita del movimento ed i suoi fondatori, tra cui Bossi ed il ministro agli Interni Roberto Maroni, continuano a risiedere a pochi chilometri dal Capoluogo. Nella scelta il leader della Lega dovrà pesare in modo attento gli equilibri interni. Oltre all'esperienza dei due deputati. Reguzzoni è infatti entrato in Parlamento solo in questa legislatura, ma già ricopre la carica di vicecapogruppo, cosa che lo renderebbe la prima scelta. D'altra parte, Stucchi vanta una esperienza maggiore, visto che siede alla Camera dal '96.

ECO DI BERGAMO - 10/02/10 - LINEA 2 DEL TRAM E TRENO PER ORIO, PROVINCIA AL LAVORO

«Diciamo che qualcosa si muove...». Ettore Pirovano, presidente della Provincia, si dice soddisfatto del faccia a faccia con il viceministro alle Infrastrutture (e collega di partito) Roberto Castelli. Sul tavolo i finanziamenti per le linee del tram, passate e future. «Ci sono ancora delle questioni pregresse da chiudere, relative al finanziamento per la linea della Valle Seriana», spiega Pirovano: «Lo Stato non ha ancora erogato 19 milioni di euro di finanziamento previsti». Una situazione che ha costretto Teb ad attivare degli affidamenti col sistema bancario per fare fronte ai pagamenti previsti. Ieri all'incontro con Castelli c'era anche Nunziante Consiglio, nelle duplice vesti di presidente della società del tram delle Valli e deputato leghista, insieme al collega d'aula Giacomo Stucchi, all'assessore provinciale alle Grandi infrastrutture, Silvia Lanzani e all'amministratore delegato Teb Gianni Scarfone. «Ad ogni modo pare che la questione sia prossima a sbloccarsi», prosegue Pirovano, che non esclude «che il contributo dello Stato al Piano d'investimenti per la linea della Valle Seriana passi dall'attuale 57 alla soglia massima del 60 per cento prevista dalla legge 211/92, il che comporterebbe altri 5,5 milioni per Teb». Ma alle porte c'è la questione della linea T2, ovvero quella direzione Valle Brembana. Il costo della prima tratta funzionale (fino a Petosino, nel limite dei 100 milioni previsti dalle procedure) è di 92 milioni, compreso il materiale rotabile: «Ma sono una cinquantina i progetti depositati al ministero a livello nazionale». Il che non vuol dire che tutti passino le forche caudine della verifica dei requisiti: «Da qualche anticipazione si capisce già che diversi verranno scartati in quanto lacunosi: ad ogni modo i tecnici della Teb e quelli del ministero si confronteranno nei prossimi giorni per verificare che la nostra domanda abbia tutti i requisiti del caso» spiega Pirovano. Con l'auspicio (magari cinico ma realistico...) che il numero di chi si perderà per strada sia nettamente maggiore di chi verrà ammesso alla graduatoria finale. Utile sia per attingere ai (decisamente pochi) fondi attualmente disponibili che agli eventuali rifinanziamenti del capitolo di spesa.Poi c'è un'altra questione delicata, quella del collegamento ferroviario con l'aeroporto di Orio al Serio: la scorsa settimana il gruppo provinciale del Pdl ha presentato un ordine del giorno per chiedere un ruolo attivo (da cabina di regia, testualmente) di Via Tasso in questa operazione dai costi e dalle modalità tecniche ancora indefinite. Questo alla luce di due fatti: l'inserimento dell'opera nel Dpef (documento di programmazione economico-finanziaria) 2010 del Pirellone e l'Expo 2015 alle porte. Nel frattempo a Palafrizzoni circola l'ipotesi di una soluzione alternativa: una monorotaia che costerebbe la metà di quanto ipotizzato. Nota bene, il range delle previsioni di spesa oscilla tra i 90 e i 160 milioni, quindi anche il concetto della metà è quanto mai indefinito. «Il 27 febbraio ci sarà il secondo incontro tecnico sul tema – annuncia Pirovano – dopo quello dello scorso autunno: Provincia, Comune, imprenditori, Sacbo (società che gestisce Orio - ndr), istituti di credito e mondo economico finanziario». L'obiettivo è arrivare «alla costituzione di una società sul modello di Brebemi, per poter arrivare all'elaborazione di un project financing». Soluzione tanto di moda concettualmente, ma dai risultati finora in chiaroscuro.

lunedì 8 febbraio 2010

BERGAMO SERA - 8/02/10 - DONORA: FIRMATI ALTRI QUATTRO MESI DI CASSA IN PROROGA

CORTENUOVA — Schiarita nella pesante vicenda della Donora. La Candy oggi ha firmato l’accordo che prevede per i 157 lavoratori dello stabilimento di Cortenuova una proroga di 4 mesi della cassa integrazione straordinaria in deroga. Oggi attorno alle 13.00 i rappresentanti Candy, quelli di Fiom-Cgil e Fim-Cisl e quelli della Regione Lombardia hanno firmato l’intesa nella sede Arifil (Agenzia Regionale per l’’Istruzione, la Formazione e il lavoro) di via Cardano a Milano. Come già espresso ieri in merito alla disponibilità dimostrata finalmente dall’’azienda, la Fiom-Cgil si dice anche oggi “soddisfatta. “Utilizzeremo questo periodo per portare avanti i progetti rimasti in sospeso” – spiega Gian Luigi Belometti – “a partire dalla questione del riassorbimento di una ventina di lavoratori nel polo logistico del sito di Cortenuova: qui, infatti, chiediamo che i futuri posti di lavoro siano assegnati ai cassaintegrati ex Donora. Ci muoveremo, in questi 4 mesi, anche per costruire un tavolo tecnico che riguarda il progetto di nuovo insediamo industriale del settore delle energie rinnovabili con un imprenditore che sembra interessato ad un possibile ricollocamento di parte dei lavoratori (soprattutto donne) ex Donora””. La proroga della cassa parte dal 1° gennaio 2010 e si chiuderà il 30 aprile. Il 31 dicembre 2009 si era concluso, infatti, il periodo di cassa integrazione in deroga. All’’assessore regionale alla Formazione e al Lavoro Gianni Rossoni i sindacati avevano chiesto nelle scorse settimane di avviare corsi di riqualificazione finalizzati alla logistica e, di conseguenza, di intervenire per un allungamento della cassa integrazione in deroga. Nel frattempo i parlamentari della Lega Stucchi, Consiglio, Pirovano e Vanalli presentavano in parlamento un’interrogazione parlamentare chiedendo l’intervento dei ministri competenti. Oggi un passo avanti nella complessa situazione.

venerdì 5 febbraio 2010

BERGAMOSERA - 05/02/10 - DONORA SITUAZIONE SBLOCCATA: LA CANDY DISPONIBILE ALLA CASSA IN DEROGA

CORTENUOVA — Dopo una serie di presidi e blocchi ai cancelli, i lavoratori della Donora di Cortenuova sono finalmente tornati a casa. La direzione della Candy ha dato la sua disponibilità a sedersi al tavolo e a chiedere alla Regione Lombardia un periodo ulteriore di cassa integrazione in deroga per tutti i 160 lavoratori Donora, che in Bergamasca fino al 2006 producevano frigoriferi per l’azienda. Con la fine del 2009 si era concluso, infatti, il periodo di cassa integrazione in deroga. All’assessore regionale alla Formazione e al Lavoro Gianni Rossoni i sindacati avevano chiesto nelle scorse settimane di avviare corsi di riqualificazione finalizzati alla logistica e, di conseguenza, di intervenire per un allungamento della cassa integrazione in deroga. Avevano anche chiesto che i nuovi posti di lavoro che sembrano profilarsi (polo logistico o attività foto-voltaica) a breve nell'area potessero essere occupati dagli ex lavoratori Donora. “I nostri presidi al freddo sono serviti a qualcosa – ha detto Gian Luigi Belometti della Fiom-Cgil di Bergamo -. "Appena ci è giunta la notizia della disponibilità di Candy abbiamo tolto il blocco in segno di fiducia: ora attendiamo che venga fissato un primo incontro per il tavolo di trattativa che si aprirà”. Nelle settimane scorse la protesta dei lavoratori bergamaschi era stata supportata da diverse iniziative in sede parlamentare, portate avanti dai deputati della Lega Nord Giacomo Stucchi, Nunziante Consiglio, Ettore Pirovano e Pierguido Vanalli. Per i lavoratori Donora, che nel 2001 erano 600, dopo una serie di riduzioni d’organico il colpo di grazia era arrivato il 22 novembre 2005 quando l’amministratore delegato aveva annunciato l’imminente chiusura dello stabilimento. In quel periodo nella fabbrica lavoravano in 385. Per tutto il 2006, scioperi, blocchi di autostrade, incontri al Ministero e con le istituzioni locali, proteste allo stadio, ma soprattutto un lunghissimo presidio di quasi tre mesi avevano accompagnato le trattative. I 160 lavoratori ora rimanenti sono in cassa integrazione dall’’estate del 2006.

mercoledì 3 febbraio 2010

BERGAMO SERA - 03/02/2010 - LA LEGA: L'ISTITUTO DI CEREALICOLTURA RESTI A BERGAMO

ROMA — Salvare l’Istituto Sperimentale per la cerearicoltura di Bergamo dal previsto trasferimento in provincia di Lodi. E’ questo lo scopo di un’interrogazione parlamentare presentata dai parlamentari della Lega Nord Stucchi, Consiglio, Vanalli e Pirovano al ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia. “L’attività delll’Istituto – si legge nel documento – è stata principalmente indirizzata allo studio di problematiche agronomiche del mais, scelte varietali, miglioramento genetico, fisiologia della produzione, genetica di base, biologia molecolare e manipolazione degli acidi nucleici con le nuove tecnologie dell’ingegneria genetica. La Sezione di maiscoltura di Bergamo è stata costituita nel 1920, grazie al contributo di diversi enti e istituzioni locali e dal 1968 è parte dell’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura. Fin dall’inizio la stazione ha contribuito allo sviluppo della maiscoltura italiana con la creazione di varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche nazionali e, nell’immediato dopoguerra, con l’introduzione e l’adattamento dei mais ibridi”. “Attualmente – prosegue – il centro svolge attività di ricerca prevalentemente indirizzata al miglioramento genetico del mais e particolarmente curato è il settore scientifico, che riguarda l’approccio genetico alla produttività. L’Istituto potrebbe essere sposato dalla Provincia di Bergamo alla Provincia di Lodi, il che rappresenterebbe una grave perdita per l’agricoltura bergamasca, considerando inoltre l’incognita lavorativa per le 35 persone a cui il centro dà lavoro”. Per questo la Lega chiede al ministro di “verificare la possibilità di confermare al permanenza del Centro nella Provincia di Bergamo, nell’ottica di un rilancio dell’attività di ricerca avanzata nel settore dell’innovazione genetica dei vegetali”.

ECO DI BERGAMO - 03/02/2010 - VA SALVAGUARDATO IL CENTRO DI MAISCOLTURA

Un'interrogazione dei deputati bergamaschi della Lega al ministro Zaia

Un'interrogazione al ministro per le Politiche agricole, il leghista Luca Zaia, sul futuro dell'Istituto sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo. È stata presentata ieri dai deputati bergamaschi leghisti Giacomo Stucchi, Ettore Pirovano, Nunziante Consiglio e Pierguido Vanalli. Al ministro si chiede di «verificare la possibilità di confermare la permanenza del Centro nella provincia di Bergamo, nell'ottica di un rilancio dell'attività di ricerca avanzata nel settore dell'innovazione genetica dei vegetali». Ciò alla luce del fatto l'Istituto svolge un'attività specifica di studio di problematiche agronomiche del mais. Secondo i deputati, «fin dall'inizio la stazione ha contribuito allo sviluppo della maiscoltura italiana con la creazione di varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche nazionali e, nell'immediato dopoguerra, con l'introduzione e l'adattamento dei mais ibridi». Inoltre, «attualmente il centro svolge attività di ricerca prevalentemente indirizzata al miglioramento genetico del mais». Quanto al previsto spostamento a Lodi del centro di ricerca sul mais, questo «rappresenterebbe una grave perdita per l'agricoltura bergamasca, considerando inoltre l'incognita lavorativa per le 35 persone a cui il centro dà lavoro.