Dieci anni di
lavori suddivisi in quattro lotti, dal 2005 al 2015, per una spesa di 4,2
milioni di euro. Per togliere 50 mila metri cubi di acqua da sottoterra, da
quelle che erano le storiche cave di gesso di Santa Brigida. Sono i numeri dell’operazione
che ha consentito di togliere dal paese dell’alta Valle Brembana un rischio
idrogelogico non da poco: il rischio che il cedimento di quella «bomba »
finisse proprio sull’abitato. La conclusione dei lavori è stata illustrata
sabato scorso nella La bonifica. Chiuse da 40 anni e poi allagate per 50 mila metri cubi: una
«bomba idrogeologica» sopra il paese Sono state riempite con una miscela di
argilla e sabbia sala polivalente di Santa Brigida, presenti il sindaco Carluccio Regazzoni,
il senatore Giacomo Stucchi, i funzionari regionali che in questi dieci anni si
sono succeduti nel seguire l’intervento e i geologi-progettisti dello studio
Spada di Ranica. Le ex cave di Santa Brigida sono quel che rimane dell’estrazione
di gesso della Siga di Averara, proseguita fino alla fine degli anni Settanta.
Poi l’attività, dopo una vertenza tra Comune e ditta, cessò, ma le gallerie
rimasero. Grandi cunicoli, su più livelli, profondi anche 50 metri, larghi e
alti sei metri, dentro i quali potevano muoversi i camion. Una situazione che,
negli anni, ha provocato fenomeni di dissesto e frane. Fino a che le gallerie
si sono riempite d’acqua, creando unpericolo in caso di collasso. A rendere ora
sicure quelle vecchie gallerie di gesso, chiuse da 30 anni e poste in località Carale-Monticello,
a monte di Santa Brigida, è stata una speciale miscela di argilla, cemento acqua,
frutto di centinaia di prove scientifiche. Immessa nelle ex cave ha consentito
di far uscire l’acqua ed evitare una probabile catastrofe. Le miniere, infatti,
si erano riempite di 50-60 mila metri cubi di acqua. Una sorta di lago sotterraneo
che, secondo le stime, avrebbe sicuramente ceduto nel giro di alcuni decenni. Travolgendo
l’abitato di Santa Brigida. Una «bomba» idrogeologica ora «disinnescata », che
aveva messo il paese tra i 17 comuni a maggior rischio d’Italia. Dopo anni di studi,
con il coinvolgimento del Politecnico di
Milano e dell’Università Bicocca, l’ex cava di gesso in località Carale- Monticello
è ormai in sicurezza. «Il metodo utilizzato per le ex cave di Santa Brigida –
spiega Marco Orlandi, dello studio associato di geologia Spada di Ranica – ha
fatto scuola in altre situazioni analoghe di degrado delle rocce, nel Bolognese
e in Puglia, per esempio. E sono uscite diverse pubblicazioni scientifiche sul lavoro
fatto». Tra le ex cave di Santa Brigida restano ora quelle in località Bolferino-Grassello
e Cornello ma vuote e lontano dalle abitazioni. Si trovano all’entrata di
Averara e verso la frazione Cugno, in località Bindo. Si è già creato qualche
«imbuto », ovvero del materiale è stato già inghiottito da sopra, nei pressi
della strada. Ma per ora non sembrerebbero destare preoccupazioni.
martedì 28 novembre 2017
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