domenica 8 novembre 2009

ECO DI BERGAMO - 08/11/09 - L'ARTIGIANATO E' L'ANIMA DELLA FUTURA RIPRESA

«La crisi economica è soprattutto una crisi di valori. Ecco perché sono tornati di moda la piccola impresa e l'artigianato. Oggi è alla ribalta tutto quello che silenziosamente in tutti questi anni ha garantito la coesione sociale, ha assicurato sviluppo economico, ha prodotto benessere per le famiglie e per le comunità territoriali». Remigio Villa, presidente dell'Unione artigiani di Bergamo, ha uno scatto d'orgoglio nel leggere lo spartito della crisi che attanaglia anche il comparto artigiano, e ne dà un'interpretazione che richiama tutti a trarre lezione da quanto è avvenuto partendo «dalla bufera finanziaria». «Dobbiamo tornare all'etica del lavoro, alla passione per ciò che si produce, ai risultati ottenuti con il sacrificio, la serietà e l'impegno», ha precisato ieri, durante il suo intervento all'assemblea dell'associazione imprenditoriale di Piazza Matteotti, riunitasi alla Fiera di Bergamo per celebrare i sessant'anni di attività, alla quale hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco di Bergamo Franco Tentorio, il consigliere regionale Carlo Saffioti e il sottosegretario del Pirellone Marco Pagnoncelli, il deputato Giacomo Stucchi, i senatori Alessandra Gallone e Valerio Carrara. «Al governo non chiediamo nulla di speciale – ha proseguito Villa –. Semplicemente vogliamo che la crisi diventi l'occasione per sbloccare le riforme strutturali, più volte annunciate, che sollecitiamo da tempo». E qui l'imprenditore ha snocciolato una serie di interventi ritenuti indispensabili. A cominciare dalla «valorizzazione del ruolo delle piccole e micro imprese, la riduzione del peso della burocrazia, l'eliminazione dei ritardi della giustizia, la semplificazione degli adempimenti e la riduzione della pressione fiscale, la scuola e la formazione». In sostanza «gli artigiani dicono sì a interventi su misura per la realtà imprenditoriale e no ad un Paese a taglia unica. Sì alla libera iniziativa imprenditoriale, all'assunzione del rischio e all'innovazione, alla concorrenza che riduce i costi. No all'assistenzialismo, alla rigidità del mercato del lavoro, alle rendite di posizione». «Inoltre – ha proseguito – occorre ritrovare fiducia nel rapporto tra banche e imprese, che deve essere ricostruito all'insegna della collaborazione. L'imprenditore non può essere considerato soltanto una pratica da "misurare" con gli aridi parametri di Basilea 2». Villa ha anche ribadito la validità del «matrimonio» con Confindustria, «che ha dato vita a livello nazionale ad Assoartigiani, con l'obiettivo di dare una casa comune alle imprese artigiane già presenti nel sistema confindustriale». E che la «liaison» funziona lo ha dichiarato anche Alberto Barcella, presidente di Assolombarda: «Mettere insieme sinergie e servizi si è rivelata una mossa efficace nell'interesse dell'attività manifatturiera e dell'economia bergamasca». Concetto sostenuto anche da Carlo Mazzoleni, presidente di Confindustria Bergamo, che ha ricordato «l'importanza, all'interno della filiera produttiva, del tessuto connettivo composto da una miriade di imprese artigiane».Il richiamo alla necessità di dar corso alle riforme strutturali è stato colto da Michele Tiraboschi, economista e collaboratore del ministro Sacconi, che ha comunque affermato l'esistenza di una «sensibilità verso le imprese artigiane. Tant'è che sono in realtà numerose le riforme realizzate (e probabilmente è dovuto a ciò se l'Italia in questo momento è in testa nella ripresa): a partire dal potenziamento degli ammortizzatori sociali, che prima potevano essere utilizzati solo dalle grandi imprese. Oggi è grazie ad essi se le aziende possono sostenere i loro collaboratori quando ce n'è bisogno. Se fossero stati eliminati, per essere sostituiti dall'indennità di disoccupazione, ci troveremmo come negli Stati Uniti, dove i disoccupati hanno raggiunto il 10% della forza lavoro». È di questi giorni, inoltre, l'emanazione di un decreto a firma di Sacconi (che attende ora il via libera del ministro dell'Economia Tremonti) in base al quale, ha spiegato Tiraboschi, le imprese che lo riterranno opportuno potranno richiamare dalla cassa integrazione i lavoratori «pagando loro solo il 20% del salario, con la restante parte che continuerebbe a gravare sugli ammortizzatori sociali». Ma sono anche altri gli interventi adottati per abbattere i costi delle imprese. «È stato fatto un lavoro enorme per la semplificazione burocratica (con l'eliminazione, ad esempio dei libri paga e matricola), l'adozione dei buoni lavoro per l'impiego, senza contratto, dei giovani fino a 25 anni. È stato rivitalizzato l'istituto dell'apprendistato, che è tornato ad essere uno strumento per trasferire saperi e competenze».«Se il nostro Paese ha retto alla crisi – ha precisato a sua volta Pasquale Viespoli, sottosegretario al ministero del Lavoro – ciò è dovuto alla sua cultura e alla profondità valoriale che caratterizza le piccole realtà (comuni, imprese), che l'ondata di modernismo voleva spazzare via». «Dentro la crisi – ha proseguito – è stata scoperta la centralità del lavoro, dell'economia reale, della persona». Elementi che hanno indotto «il governo ad intervenire con coerenza per impedire che si fermasse il flusso del credito alle imprese, per preservare il capitale umano in attesa della ripresa, per dare avvio agli investimenti pubblici necessari per dare forza alla ripresa economica. Anche gli interventi sulla cassa integrazione in deroga sono stati previsti a sostegno delle Pmi per evitare la perdita di capitale umano».

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