venerdì 18 febbraio 2011

ECO DI BERGAMO - 18/02/11 - QUEL FOGLIO NELLA POSTA E L'AMARCORD LUMBARD

Racconta che quel volantino l'ha trovato un giorno nella cassetta delle lettere. «Era "Lombardia autonomista", il ciclostilato. L'ho letto, mi è piaciuto. Sopra c'era un numero di telefono: ho chiamato». Ha risposto Umberto Bossi in persona? «No, era la signora Manuela, la moglie». Enzo Innocente Calderoli è una persona riservata, di quei primi contatti con il senatùr racconta solo qualche passaggio. Come la riflessione sul perché il volantino sia arrivato nella sua casella, a Treviolo. «Credo prendessero degli indirizzi a caso sull'elenco del telefono, lo spedivano da Varese...».Indirizzi a caso, ma l'azzeccano. Guido Calderoli, nonno del ministro Roberto Calderoli, è infatti stato il fondatore del Movimento autonomista bergamasco a cavallo fra gli anni '50 e '60. Enzo Innocente del ministro è lo zio: alzando quella cornetta, nel 1984, è diventato uno dei primi contatti di Bossi a Bergamo. Lo stesso Roberto Calderoli oggi ricorda che «lo zio portava il ciclostilato a casa, con mio fratello Guido ci siamo avvicinati così alla politica. Ma ricordo anche che nello studio del nonno, in via XX Settembre, si parlava di autonomia. Io arrivavo lì e ascoltavo...».Comizio per treNel 1990 Roberto Calderoli arriva a Palafrizzoni: «Ero ventesimo in lista». Oggi è ministro. È lui che, nella sua casa di Mozzo come a Roma, taglia e cuce il federalismo. Ricorda gli inizi: «Era la fine degli anni '80, siamo partiti in tre o quattro per fare un comizio a Schilpario. Veniva giù una neve...». Ma il meteo fa un baffo. «Ci siamo messi in macchina e siamo arrivati. La serata era in biblioteca: il pubblico era fatto di tre persone. Due erano della Digos, li abbiamo riconosciuti perché in quegli anni i leghisti erano gente che si diceva fosse da tenere d'occhio. Ci siamo concentrati sul terzo. Peccato che quello a un certo punto si alza, prende le chiavi: era il custode...». Calderoli sorride: «Questo per dire che non era facile, ma l'abbiamo fatto. E lo rifaremmo ancora».Il colpo di fulmine per la Lega Giacomo Stucchi lo ricorda con precisione matematica. «Avevo 18 anni e un mese». Era il 1987, marzo. «Stavo facendo scuola guida. Il mio istruttore era abruzzese, sfegatato sostenitore della Lega Lombarda». Ha voluto capire. «Una mattina invece che andare a scuola sono arrivato alla sede provinciale. Era sabato, c'erano Luigi Moretti, Adriano Poli, Gianni Pedretti. Avevano 50 anni e idee più innovative di quelle dei diciottenni». Un anno dopo Stucchi era assoldato per appiccicare manifesti in vista delle amministrative a Verdello. Nel 1996 è stato il più giovane deputato eletto in Parlamento con il maggioritario. Del Carroccio dice che «è come una famiglia. Dentro alla Lega mi sono anche innamorato (e il riferimento va a Silvia Lanzani, assessore in Provincia, ndr)...». Paragone sentimentale anche per Cristian Invernizzi, segretario provinciale: «Dopo la mia fidanzata, la Lega è l'amore più grande della mia vita». Per lui il Carroccio è cosa di famiglia: «Mi sono avvicinato al movimento nel 1992, grazie a mio padre». Era quindicenne. Altra storia rispetto a quella di Ettore Pirovano, oggi deputato e alla guida della Provincia. «Mi sono iscritto alla Lega a 43 anni. Prima di allora politica zero». Spiega che «per lavoro sono stato all'estero a lungo, facevo trasferte di tre-quattro mesi. Quando tornavo fra Caravaggio e Misano vedevo che era sempre così, tutto fermo. Che rabbia...». Nel 1993 Pirovano è nella pattuglia che entra in Comune a Caravaggio: «Essere della Lega era quasi pericoloso. A quei tempi rischiavi anche di perdere il lavoro». Ma battaglia si dava eccome: «La nostra opposizione? La definirei cinematografica». Nel 1996 è parlamentare, nel 1997 sindaco.Galeotto il «Pianneforte»Se chiedi a Daniele Belotti, assessore regionale, quale sia il suo primo ricordo-Lega, ti snocciola una poesia di Salvatore di Giacomo. «Pianneforte 'e notte. Così, in napoletano. Facevo ragioneria e un professore voleva la recitassimo a memoria. Intanto ci prendeva in giro per l'accento bergamasco. Mi sono arrabbiato...». Era in prima superiore, poco dopo avrebbe fondato il Movimento giovani padani. Roberto Pedretti, ora consigliere regionale, ha raccontato un aneddoto: «Avevo un sedici, diciassette anni, studiavo da geometra. Mio padre, che non l'aveva mai fatto, aveva cominciato a uscire la sera. Sarà stato il 1985, o l'86, mia madre mi dice: "Vagli dietro, così almeno capiamo". Io lo seguo e me lo ritrovo in via Sant'Orsola, sede della Lega». Il padre, per la cronaca, è Gianni Pedretti, scomparso nel 2009, prima tessera d'oro (quella per i militanti storici) consegnata da Bossi in persona. «Con lui – continua il consigliere – quella sera c'erano Enzo Innocente Calderoli e Umberto Bossi. Tutti a parlare di Lombardia autonomista». Quella del volantino arrivato per posta.

Nessun commento: