La speranza è l'ultima a morire. Ma non si può far molto. A riconoscerlo pure i parlamentari, che di fronte alla levata di scudi dei Comuni sulla stretta economica si mostrano solidali ma, dal punto di vista istituzionale, confermano che i margini di manovra sono pochi. «Gli enti virtuosi non vanno però trattati allo stesso modo di quelli che sperperano. Su questo stiamo lavorando – mette in chiaro il leghista Giacomo Stucchi –. Nei decreti che dovrebbero arrivare a marzo, prima della conclusione dell'iter di approvazione di molti bilanci, potrà esserci una risposta proprio su questo punto». L'unico spiraglio è quindi un intervento non sulle regole del patto, ma sulle sanzioni per chi non ce la fa a reggerlo: «Abbiamo chiesto che per gli enti che hanno una storia virtuosa, dal punto di vista anche della qualità di gestione, abbiamo un occhio di riguardo legittimo. Dovrebbero essere rimodulate le sanzioni legate alle opere e alle assunzioni, perché anche il taglio del personale crea grossi problemi». E il federalismo? «Quella è la risposta, ma in prospettiva. So che le condizioni sono difficilissime. Il mio stesso Comune, Verdello, non è riuscito a rispettare il patto nel 2009 e ora sta pagando sanzioni pesantissime, dal blocco dei mutui al taglio delle indennità politiche. Fanno bene i sindaci a protestare». La situazione però è difficile a livello generale. «Lo Stato ha tantissime spese anche a causa della congiuntura economica: con l'incremento dei versamenti per la cassaintegrazione e per gli ammortizzatori legati alla crisi economica, non può non razionalizzare i conti pubblici».Anche Giorgio Jannone (Pdl) riconosce la gravità della situazione: «Il problema per i Comuni virtuosi c'è e non si può non vederlo. Certo, il Patto di stabilità con queste regole è stato introdotto nel 2007 e poi mantenuto in seguito perché ha finalità precise. Il principio è buono, poi, negli anni, si è visto che c'erano delle distorsioni. Come parlamentari – aggiunge – ci facciamo carico delle richieste che arrivano dai Comuni, il ministro per l'Economia Giulio Tremonti ha sicuramente presente la situazione». Però non si può fare molto: «La crisi economica pesa. L'Italia ha reagito in modo positivo, molto più rispetto ad altri Paesi». Ma serve la collaborazione di tutti, afferma, per garantire la stabilità del sistema. «Contiamo che l'economia possa ripartire nel secondo semestre di quest'anno. Le grandi opere sono un modo che lo Stato ha per aiutare l'economia». Ma le piccole? «Il patto le coinvolge, certo. Quello che va fatto ora è cercare di trovare l'equilibrio fra il principio giusto del controllo della spesa e il rispetto dell'operato di quegli enti che si sono rivelati virtuosi». Polemico è Antonio Misiani, deputato del Pd: «Il giochino dei leghisti di lotta e di governo sta diventando veramente insopportabile. Anche Ettore Pirovano, in veste di presidente della Provincia, ha fatto la voce grossa contro il patto interno di stabilità. Peccato che a Roma lo stesso Pirovano, in veste di parlamentare, si sia sempre allineato votando tutti i provvedimenti più centralisti del governo Pdl-Lega. Come l'esenzione di Roma dal patto di stabilità e i fondi straordinari per Catania, Roma e Palermo». Certo, la legge delega sul federalismo fiscale è stata approvata. «Ma la sua attuazione concreta – continua Misiani – è rimasta lettera morta». La Camera sta per esaminare il decreto sugli interventi urgenti concernenti enti locali e Regioni: «È il provvedimento giusto – conclude – per intervenire su tutti i problemi sollevati dai presidenti delle Province lombarde. Il Pd presenterà una serie di emendamenti per ridare fiato alla finanza degli enti locali. Se il governo aprirà spazi di modifica, ben vengano. Se però, come è probabile, le cose non cambieranno, Pirovano lo aspetteremo al varco. Ha l'occasione di battere finalmente un colpo: metta da parte la propaganda e voti contro, difendendo nei fatti e non solo con le chiacchiere il federalismo fiscale».
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