E' la rivincita del “nerd”
sul fascino di muscoli e mandibola prominente alla James Bond: la spia 3.0 deve
eccellere nei campi del cyber, dell’informatica, dell’economia e dell’energia.
Lo ha detto l’intelligence nazionale la mattina di venerdì 29 settembre, ospite
nell’Aula Magna dell’Università di Bergamo situata
nell’ex chiesa di Sant’Agostino, dove gli 007 italiani hanno
incontrato gli studenti universitari nella tappa numero 24 del “Roadshow
Intelligence live” che da ottobre 2013 vede il Sistema di informazione per la
sicurezza della Repubblica dialogare con i giovani nei principali atenei
italiani. A loro i servizi segreti raccontano chi sono e cosa fanno, avviando
percorsi culturali condivisi. E, soprattutto, mirano a reclutare nuove leve,
menti eccellenti da “iniziare” alla delicata professione che più di tutte si
occupa di sicurezza nazionale. Chi c’era. Proprio il 29 aprile, in Consiglio
dei Ministri, ci sarà la nomina del capo degli 007 italiani, dell’Aisi
(l’Agenzia informazioni e sicurezza interna) e del Consiglio per la Cyber Security.
Al tavolo presso l’Unibg, invece, erano presenti il rettore Remo Morzenti
Pellegrini; il presidente del Copasir, il senatore bergamasco della Lega
Giacomo Stucchi; il professor Michele Brunelli, del Dipartimento di Lettere,
Filosofia e comunicazione, che ha presentato una riflessione sul tema “Ci
rivedremo a Dabiq. L’Europa e lo Stato islamico dopo Parigi e Bruxelles: alla
ricerca di una strategia comune”; e Paolo Scotto di Castelbianco, direttore
della Scuola di formazione del Sistema di informazione per la sicurezza della
Repubblica. Atteso, ma assente, il sottosegretario Marco Minniti, autorità
delegata per la Sicurezza della Repubblica. I requisiti di una spia 3.0. Alan
Ford e il Gruppo TNT, il più “tremendo” covo di agenti segreti del fumetto,
oggi finirebbero a vendere fiori per davvero, mentre gli 007 per eccellenza,
Roger Moore e Pierce Brosnan, potrebbero mirare al massimo a qualche ruolo da
bodyguard. Dalla cultura della segretezza alla cultura della sicurezza
partecipata è, infatti, il leitmotiv dell’iniziativa, che relega ormai al
vintage l’immagine dell’investigatore nascosto dietro il giornale. Il profilo
richiesto? «Cerchiamo ragazzi che sappiano eccellere nei campi
dell’informatica, della tecnologia, dell’economia e dell’energia – è l’appello
di Paolo Scotto di Castelbianco –. Sono già 30 quelli selezionati in questi
anni e che lavorano con noi su un totale di 8.250 curriculum pervenuti. Ma ne
aspettiamo altri. Basta visitare il nostro sito internet». Il “Roadshow
Intelligence live” ha già battuto diversi atenei italiani, quali le università
La Sapienza e Luiss di Roma, il Politecnico di Torino e la Cattolica Sacro
Cuore di Milano. Il progetto “Roadshow Intelligence live”. Il
progetto persegue quanto stabilito dalla riforma del 2007 che, tra le altre
cose, ha attribuito al Dis, il Dipartimento delle informazioni per la
sicurezza, la promozione e diffusione della cultura della sicurezza. «Un
compito – ha specificato Scotto – affidato alla scuola di formazione del
Sistema di informazione e supportato dalla struttura di comunicazione
istituzionale del Dis, che si traduce nell’apertura di un vero e proprio
dialogo con il mondo della ricerca, delle imprese, delle università e, più in
generale, con tutta la società civile». In apertura, invece, il rettore
Morzenti Pellegrini ha spiegato: «La partnership tra la Scuola di formazione
del Comparto Intelligence e il mondo universitario mira ad aprire a frontiere avanzate
di saperi e innovazione, permettendo di leggere scenari fluidi, adeguando le
capacità di risposta all’evoluzione delle minacce e individuando prassi ancora
più incisive di vicinanza alle imprese contro attacchi cyber. È importante fare
sistema, in un momento così complesso le università e i centri di ricerca sono
gli interlocutori primari». Il terrorismo dopo Parigi e Bruxelles. Il
presidente del Copasir Giacomo Stucchi è tornato sull’attualità degli ultimi
giorni: «Sul caso Regeni dobbiamo evitare che passi nel dimenticatoio. Quanto
al nostro Paese, c’è una minaccia significativa che riguarda tutto l’Occidente.
I servizi segreti stanno facendo il possibile con i mezzi e gli uomini di cui
dispongono. Ma è necessario capire che il nemico è anche nelle nostre città.
Nessun Paese può dirsi immune da possibili attentati: una preoccupazione
razionale, che non deve essere fobia o panico, ma che consiglia attenzione». Il
professor Michele Brunelli ha invece ripercorso le tappe storiche che hanno
portato, il 29 giugno 2014, alla proclamazione dell’attuale Stato islamico:
«Dopo Parigi e Bruxelles è cambiato il concetto tradizionale di terrorismo,
L’Isis non è un gruppo terroristico classico, e il suo obiettivo non è la
distruzione dell’Occidente con obiettivi simbolo, ma attacchi alla quotidianità
delle persone».
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