sabato 30 aprile 2016

BERGAMO POST - 30/04/16 - I REQUISITI DI UNA BUONA SPIA 3.0 SPIEGATI ALL'UNIVERSITA' DI BERGAMO


E' la rivincita del “nerd” sul fascino di muscoli e mandibola prominente alla James Bond: la spia 3.0 deve eccellere nei campi del cyber, dell’informatica, dell’economia e dell’energia. Lo ha detto l’intelligence nazionale la mattina di venerdì 29 settembre, ospite nell’Aula Magna dell’Università di Bergamo situata nell’ex chiesa di Sant’Agostino, dove gli 007 italiani hanno incontrato gli studenti universitari nella tappa numero 24 del “Roadshow Intelligence live” che da ottobre 2013 vede il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica dialogare con i giovani nei principali atenei italiani. A loro i servizi segreti raccontano chi sono e cosa fanno, avviando percorsi culturali condivisi. E, soprattutto, mirano a reclutare nuove leve, menti eccellenti da “iniziare” alla delicata professione che più di tutte si occupa di sicurezza nazionale. Chi c’era. Proprio il 29 aprile, in Consiglio dei Ministri, ci sarà la nomina del capo degli 007 italiani, dell’Aisi (l’Agenzia informazioni e sicurezza interna) e del Consiglio per la Cyber Security. Al tavolo presso l’Unibg, invece, erano presenti il rettore Remo Morzenti Pellegrini; il presidente del Copasir, il senatore bergamasco della Lega Giacomo Stucchi; il professor Michele Brunelli, del Dipartimento di Lettere, Filosofia e comunicazione, che ha presentato una riflessione sul tema “Ci rivedremo a Dabiq. L’Europa e lo Stato islamico dopo Parigi e Bruxelles: alla ricerca di una strategia comune”; e Paolo Scotto di Castelbianco, direttore della Scuola di formazione del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Atteso, ma assente, il sottosegretario Marco Minniti, autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica. I requisiti di una spia 3.0. Alan Ford e il Gruppo TNT, il più “tremendo” covo di agenti segreti del fumetto, oggi finirebbero a vendere fiori per davvero, mentre gli 007 per eccellenza, Roger Moore e Pierce Brosnan, potrebbero mirare al massimo a qualche ruolo da bodyguard. Dalla cultura della segretezza alla cultura della sicurezza partecipata è, infatti, il leitmotiv dell’iniziativa, che relega ormai al vintage l’immagine dell’investigatore nascosto dietro il giornale. Il profilo richiesto? «Cerchiamo ragazzi che sappiano eccellere nei campi dell’informatica, della tecnologia, dell’economia e dell’energia – è l’appello di Paolo Scotto di Castelbianco –. Sono già 30 quelli selezionati in questi anni e che lavorano con noi su un totale di 8.250 curriculum pervenuti. Ma ne aspettiamo altri. Basta visitare il nostro sito internet». Il “Roadshow Intelligence live” ha già battuto diversi atenei italiani, quali le università La Sapienza e Luiss di Roma, il Politecnico di Torino e la Cattolica Sacro Cuore di Milano. Il progetto “Roadshow Intelligence live”. Il progetto persegue quanto stabilito dalla riforma del 2007 che, tra le altre cose, ha attribuito al Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, la promozione e diffusione della cultura della sicurezza. «Un compito – ha specificato Scotto – affidato alla scuola di formazione del Sistema di informazione e supportato dalla struttura di comunicazione istituzionale del Dis, che si traduce nell’apertura di un vero e proprio dialogo con il mondo della ricerca, delle imprese, delle università e, più in generale, con tutta la società civile». In apertura, invece, il rettore Morzenti Pellegrini ha spiegato: «La partnership tra la Scuola di formazione del Comparto Intelligence e il mondo universitario mira ad aprire a frontiere avanzate di saperi e innovazione, permettendo di leggere scenari fluidi, adeguando le capacità di risposta all’evoluzione delle minacce e individuando prassi ancora più incisive di vicinanza alle imprese contro attacchi cyber. È importante fare sistema, in un momento così complesso le università e i centri di ricerca sono gli interlocutori primari». Il terrorismo dopo Parigi e Bruxelles. Il presidente del Copasir Giacomo Stucchi è tornato sull’attualità degli ultimi giorni: «Sul caso Regeni dobbiamo evitare che passi nel dimenticatoio. Quanto al nostro Paese, c’è una minaccia significativa che riguarda tutto l’Occidente. I servizi segreti stanno facendo il possibile con i mezzi e gli uomini di cui dispongono. Ma è necessario capire che il nemico è anche nelle nostre città. Nessun Paese può dirsi immune da possibili attentati: una preoccupazione razionale, che non deve essere fobia o panico, ma che consiglia attenzione». Il professor Michele Brunelli ha invece ripercorso le tappe storiche che hanno portato, il 29 giugno 2014, alla proclamazione dell’attuale Stato islamico: «Dopo Parigi e Bruxelles è cambiato il concetto tradizionale di terrorismo, L’Isis non è un gruppo terroristico classico, e il suo obiettivo non è la distruzione dell’Occidente con obiettivi simbolo, ma attacchi alla quotidianità delle persone».

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